Shock nei mangimi: 766 tonnellate di cibo umano date agli animali

È uno dei paradossi più inquietanti del nostro sistema alimentare. Mentre milioni di persone soffrono la fame, quintali di cibo perfettamente commestibile finiscono nei mangimi degli allevamenti intensivi. Un nuovo rapporto accende i riflettori su un sistema che fa acqua da tutte le parti.

766 milioni di tonnellate di cereali sprecati

Secondo il report di Compassion in World Farming (Ciwf), ogni anno 766 milioni di tonnellate di cereali destinabili all’alimentazione umana vengono dirottati verso l’industria mangimistica. Questi cereali, in grado di nutrire 2 miliardi di persone, finiscono invece nelle mangiatoie di animali allevati a scopo alimentare.

Per produrre quella carne destinata ai mercati più ricchi, si utilizzano risorse agricole preziose. Eppure, il rendimento in termini calorici è disastroso: da 100 calorie di cereali, se somministrate agli animali, se ne ottengono fra 3 e 25 calorie di carne. Il resto? Perso nel processo.

L’impressionante consumo di territorio

Per coltivare i cereali destinati ai mangimi servono enormi superfici. Si parla di:

  • 15 milioni di ettari nell’Unione Europea
  • 7 milioni di ettari negli Stati Uniti

In Sud America la situazione è ancora più delicata. Per fare posto alle monocolture di soia e mais da destinare all’allevamento, si disbosca massicciamente. Un colpo durissimo per biodiversità e clima.

Uno spreco maggiore delle famiglie e dei ristoranti

Il cibo sottratto ai piatti umani e convertito in mangime rappresenta il singolo più grande spreco alimentare globale. Supera quello causato da:

  • famiglie: 631 milioni di tonnellate
  • ristorazione: 290 milioni di tonnellate
  • vendita al dettaglio: 131 milioni di tonnellate
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Il lato nascosto dell’allevamento intensivo

A tutto questo si aggiunge l’enorme impatto etico e ambientale. Gli animali vengono allevati in spazi chiusi, privati di stimoli naturali e nutriti con cereali che non fanno parte della loro dieta originaria. Pensiamo ad esempio ai bovini, erbivori ruminanti, costretti a mangiare soia e mais invece di erba.

Questo approccio industriale all’allevamento contribuisce anche a:

  • inquinamento del suolo causato dai reflui
  • emissioni di gas serra prodotte dagli animali e dalle loro deiezioni
  • trasporto globale di mangimi, che aggrava l’impatto ambientale

Una proposta concreta di cambiamento

Secondo Ciwf, esistono alternative sostenibili all’allevamento industriale. Gli animali potrebbero essere alimentati con:

  • pascoli e terreni erbosi
  • sottoprodotti umani come residui di birra e farina di girasole
  • scarti alimentari trattati (frutta, verdura, pane)
  • residui di coltivazioni

Ma un’alimentazione animale basata su questi sistemi non potrebbe mai soddisfare l’attuale domanda globale. Serve quindi un profondo ripensamento delle nostre scelte alimentari.

Tagliare il consumo globale di carne del 50%

Per mantenere il sistema alimentare entro i limiti ecologici del pianeta, Ciwf propone un obiettivo ambizioso: dimezzare la produzione e il consumo di carne. Una misura che, seppur drastica, sarebbe essenziale per:

  • raggiungere gli Obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi
  • centrare i traguardi dell’Agenda ONU 2030
  • nutrire più equamente la popolazione mondiale

Il ruolo delle istituzioni e dei consumatori

Il cambiamento, però, non riguarda solo le aziende. I governi dovrebbero:

  • eliminare i sussidi pubblici a colture destinate all’alimentazione animale
  • favorire appalti pubblici sostenibili nelle mense
  • avviare campagne di sensibilizzazione sull’impatto della carne

Nel frattempo, ogni persona può influire sul mercato attraverso le proprie scelte. Ridurre i consumi di carne, orientarsi verso prodotti vegetali e moderare gli sprechi sono azioni potenti.

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Come afferma Annamaria Pisapia di Ciwf Italia: “È davvero scandaloso che si continui a sprecare cibo adatto all’uomo per nutrire animali destinati a brevi vite di sofferenza. Peggio ancora, che tutto questo venga sostenuto con soldi pubblici in forma di sussidi”.

La posta in gioco non è solo ambientale o etica. È una questione di giustizia alimentare. E, forse, di sopravvivenza futura.

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Luca M.
Luca M.

Luca M. è un veterinario esperto con oltre dieci anni di esperienza nel campo dell'allevamento degli animali. Appassionato di benessere animale, scrive articoli che combinano la scienza veterinaria con pratiche di allevamento sostenibili.